lunedì 2 febbraio 2015

Verso la catarsi: Napoli civile.

Per una cultura della civiltà... a Napoli.

Questo il sottotitolo del blog. Mi rendo conto che è decisamente ambizioso. Qualcuno potrebbe aggiungere: idealistico, irrealistico, impossibile, ...



Non credo. Non credo che il napoletano sia irrecuperabile. Non credo nei luoghi comuni. Non credo che niente sia impossibile. Mi diverto a sfottere le persone che commentano "impossibile", di fronte a qualsiasi affermazione, perché si piccano di sapere tutto - ma proprio tutto - ciò che è possibile. "Caro mio, cara mia - dico loro - forse questo sfugge ai tuoi schemi, alla tua logica, ma come fai a dire che è impossibile? Conosci forse tutto ciò che è possibile? No. E allora?".

Certo Napoli non brilla per la sua concezione della civiltà, del vivere tenendo conto di un interesse superiore, del cosiddetto bene comune, eppure qualcosa si può fare.



Che ne direste se fin dall'infanzia, possibilmente a casa e sennò a scuola s'insegnasse ai bambini (e nel secondo caso anche ai loro genitori) che:

1) è importante fare ciò che si ritiene giusto o opportuno

2) solo se questo non danneggia gli altri

o, ad un livello superiore, di persona matura e coscienziosa:

3) solo se non nuoce agli altri in modo superiore rispetto a quanto giova a me?

In altri termini:

Fai quello che ti pare se questo non danneggia gli altri.

o, ancora:

Prima di fare qualsiasi cosa devo chiedermi se questa danneggerà altri, non posso limitarmi al mio esclusivo tornaconto.

Insomma, la donna, l'uomo adulto dovrebbe poter dire:

Devo farmi carico anche dei problemi altrui, non posso limitarmi a curare i miei.

Il comune dire: "Ho già abbastanza problemi per conto mio, come faccio ad occuparmi di quelli degli altri" è un modo poco maturo o, se si preferisce, poco evoluto di affrontare il rapporto sociale.
Alle persone che la pensano così bisognerebbe ritirare la "patente di socialità" e far frequentare loro un corso di rieducazione. Questi individui che non sono arrivati a dispiegare in pieno la loro personalità in realtà non dovrebbero poter mettere su famiglia e accedere ad un qualsiasi incarico pubblico. Si, dovrebbero essere interdetti. Non sono in grado di vivere in società.

Ora mi rendo conto che questo significherebbe bloccare tutto. Ma in attesa di poter "revocare" un ipotetico "patentino di socialità" si dovrebbe insegnare a scuola quella materia che ai miei tempi si chiamava Educazione Civica, ma con un esame finale e esercizi costanti durante l'anno con l'ipotesi di non procedere negli studi. Esatto: di essere bocciati! Di ripetere l'anno nell'ipotesi che non ci si sappia relazionare con gli altri. Che poi di questo si tratta.

Almeno così avremmo qualche speranza per il futuro!


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